UN PÒ DI STORIA
La sacralità della vita e la sacralità della morte sono valori universali, al di là del tempo e delle convinzioni religiose. Il culto della memoria e la celebrazione del defunto appartengono a tutte le culture e sono il primo e indiscutibile segno di civiltà. Come conservare il corpo, come strapparlo al nulla e consegnarlo alla memoria, deve poter essere una scelta.
primi passi della cremazione in Italia
Prendendo come riferimento l’età moderna, nella storia della cremazione la prima cremazione in Italia risale al 1822: il corpo del poeta inglese Percy Bysshe Shelley, annegato nel golfo di La Spezia, venne bruciato nella spiaggia di Viareggio per volontà dell’amico George Gordon Byron, su una pira sparsa di balsami.
Nel corso dell’Ottocento diversi pensatori, politici e igienisti sostennero l’idea cremazionista, fra cui il professore olandese Moleschott, insegnante di Fisiologia nelle Università di Roma e di Torino. La tesi della cremazione fu sostenuta in quegli anni dal patriota risorgimentale professor Ferdinando Coletti (1819-1881), docente di farmacologia all’Università di Padova che, nella storica seduta dell’Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Padova dell’11 gennaio del 1875, lesse una “Memoria sulla incinerazione dei cadaveri”.
A lui si accompagnavano altre autorevoli voci: il dottor Vincenzo Giro, che nel 1866 aveva pubblicato le sue “Osservazioni sulla incinerazione dei cadaveri sulla “Gazzetta Medica Italiana”, e il professor Giovanni Du Jarden, che nel 1867 aveva sostenuto il principio della cremazione dei cadaveri sul giornale genovese “La salute”. Anche il patriota Salvatore Morelli si schierò al fianco di chi sosteneva la pratica crematoria. Discorsi sulla cremazione, inoltre, furono sostenuti dal dott. Piero Castiglioni e dall’onorevole Agostino Bertani, a Parigi nel 1867, e ancora dai dottori Castiglioni e Coletti a Firenze nell’ottobre del 1869.
Questi interventi fecero sì che il Congresso votasse una mozione in cui si chiedeva che “con tutti i mezzi possibili si provvedesse onde ottenere legalmente nell’interesse dell’igiene che l’incinerazione dei cadaveri fosse sostituita al sistema attuale di inumazione”, a seguito della quale fu eseguita, nel dicembre del 1870, la cremazione del rajah Maharaja di Kelapur, principe indiano morto a Firenze. Le sue ceneri furono disperse al vento dai sacerdoti indiani.
Il fermento intellettuale di quegli anni sul tema della cremazione sfociò in un episodio determinante. Il ricco industriale di Milano cav. Alberto Keller, noto filantropo, morì il 23 gennaio del 1874, lasciando come disposizione testamentaria che la sua salma venisse data alle fiamme. Esecutore testamentario fu nominato il prof. Polli che, assieme al professor Clericetti, fece costruire un tempio crematorio, grazie alla generosità finanziaria della famiglia Keller e alla concessione gratuita del terreno del Cimitero monumentale da parte del Comune di Milano. Così, il 22 febbraio 1876, seppure in assenza di una legge apposita, fu costruito il primo tempio crematorio in Italia e nel mondo.